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Cos’è stato per te il CRC News? Quando la scrittura diventa cura

La scrittura è spesso una delle abilità più complesse per i bambini con disturbi specifici dell’apprendimento.
Scrivere significa pianificare, organizzare, esprimere un pensiero in modo coerente. È un’attività che richiede concentrazione, fiducia in sé stessi, consapevolezza delle proprie capacità. E spesso, per alcuni bambini, è fonte di fatica e frustrazione.

Il CRC News: un’esperienza coinvolgente per crescere scrivendo

È proprio da questa consapevolezza che nasce, nel 2022, il CRC News: un progetto clinico-riabilitativo che ha trasformato il laboratorio di scrittura in un’esperienza viva, creativa, emotivamente coinvolgente. Un giornalino mensile interamente scritto dai giovani pazienti del CRC, pensato per far crescere competenze linguistiche, sociali ed emotive attraverso un’attività cooperativa, autentica e fortemente motivante.

Ogni bambino, una volta scelta la propria area d’interesse, ha potuto scrivere articoli, intervistare personaggi pubblici, partecipare a eventi culturali e condividere il proprio lavoro con il gruppo e con le famiglie. Ma soprattutto, ha trovato uno spazio in cui sentirsi protagonista, ascoltato, riconosciuto.

Cos’è stato per te il CRC News?

Come spiega la dottoressa Valentina Belli, logopedista referente del progetto, il CRC News ha rappresentato “un modo diverso di vedere l’attività riabilitativa e il concetto stesso di prendersi cura”. Si è creato un ambiente emotivamente ricco, in cui “non solo si affinano competenze, ma si attiva una sintonizzazione affettiva e relazionale basata sulla cooperazione”. L’orgoglio per gli articoli pubblicati, l’apprezzamento delle famiglie, la forza del gruppo: tutto ha contribuito a rendere il percorso riabilitativo un’esperienza di crescita.

Parlano i terapisti: un nuovo modo di fare riabilitazione

Anche i terapisti che hanno accompagnato i bambini sottolineano l’importanza dell’esperienza.
La dottoressa Ludovica Granieri, logopedista che ha seguito e partecipato al progetto con alcuni dei suoi pazienti, parla di “un’opportunità preziosa: ha dato voce ai ragazzi, stimolando autostima, senso di responsabilità e spirito di collaborazione”.
Invece, la dottoressa Caterina Marchesi, logopedista, evidenzia come il progetto abbia permesso di lavorare sulla scrittura con livelli altissimi di motivazione, trasformando “il senso di inadeguatezza e frustrazione, spesso associato alla scrittura, in momenti di gioia condivisa indimenticabili.”
La dottoressa Chiara Lupis, Neuropsichiatra Infantile, racconta di un bambino che ha iniziato a fare esperienze appositamente per poterle raccontare: “Scrivere e fare esperienze di cui poter parlare: un doppio obiettivo molto utile. E, soprattutto, una maggiore apertura sociale.”

Ospiti speciali e incontri memorabili

Nel tempo, il CRC News ha coinvolto numerosi ospiti del mondo dello spettacolo, della cucina, dello sport, della cultura e della scienza. Le loro parole raccontano la sorpresa e la profondità di questi incontri.

Queste parole confermano ciò che il progetto ha saputo costruire: non solo uno spazio terapeutico, ma un ponte autentico tra i bambini e il mondo.

E a dirlo sono soprattutto loro, i piccoli redattori delle diverse edizioni.
“È stato bello condividere le esperienze”, “Mi sento più sicuro quando parlo”, “Ho imparato tante informazioni nuove”, “Mi mancherà”, “È stato un gioco di squadra”, “Un vulcano di emozioni”.

Il CRC News ha dato a questi ragazzi la possibilità di scoprire le proprie potenzialità, di credere in sé stessi, di esprimersi. Di raccontare e raccontarsi. Ha unito parola e relazione, cura e creatività.

Il CRC News ha rappresentato, davvero, un modo nuovo di fare riabilitazione.

Per leggerlo ecco a voi: https://www.crc-balbuzie.it/category/giornalino-crc/

Per ascoltarlo: https://open.spotify.com/show/4msAIxM0DYiTYf413fk9Ly

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Il Giornalino del CRC – Giugno 2025

Per chiudere in bellezza la terza edizione del CRC News, i nostri piccoli redattori hanno scelto argomenti che hanno a cuore di cui parlarvi per lasciare la loro firma.

Un numero all’insegna dell’estate, a cominciare da Alessandro e le sue curiosità dal mondo: lo sapevate che il mar Mediterraneo è il mare più caldo del mondo, raggiunge anche i 29 gradi!

Andrea, invece, sempre on the road, preferisce l’Oceano Pacifico e ci porta alle Hawaii tra piatti tipici ed eventi imperdibili. Se non sapete cosa mettere in valigia, non temete: Sabrina ha scritto una guida ai trend accessori di questa estate 2025. Parole chiave: grandi borse tote, cappelli, occhiali da sole e foulard.

Per completare la valigia non possono mancare un bel libro da leggere sotto l’ombrellone e della musica da ascoltare: Gabriele ci consiglia “Amico. L’estate che cambiò tutto.” di Massimiliano Ossini mentre Matilde, esperta della sezione musica del CRC News, ha ascoltato per noi le Blackpink, un gruppo musicale pop della Corea del Sud.

Per chi, invece, passerà la sua estate a Roma, una buona idea potrebbe essere un tour gastronomico tra i ristoranti stellati che ci ha consigliato Marta con la sua guida alle stelle.

Infine, se vi siete chiesti cos’è quel pallino azzurro apparso su tutte le applicazione di uso quotidiano quali WhatsApp, Facebook, Instagram e Messenger, Andres vi spiega di che si tratta: è META AI, un assistente virtuale basato sull’intelligenza artificiale generativa sviluppato da Meta.

A voi, l’edizione di giugno del CRC News:

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Mutismo selettivo nei bambini: linee guida per famiglie, scuola e clinici

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia che si manifesta in età evolutiva. Il bambino parla normalmente in contesti familiari, ma non riesce a farlo in ambienti sociali come la scuola. Si tratta di una condizione che, se non trattata, può perdurare fino all’adolescenza, influenzando negativamente la vita sociale, scolastica ed emotiva del bambino.

Cos’è il mutismo selettivo?

Classificato dal DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) tra i disturbi d’ansia, il mutismo selettivo esordisce tra i 2 e i 4 anni, con prevalenza nelle femmine e nei bambini bilingui. Non va confuso con la timidezza: il silenzio non è temporaneo, ma persistente e si attiva solo in contesti specifici. Il bambino appare perfettamente comunicativo in casa, ma completamente bloccato in altri ambienti.

La diagnosi si basa su criteri chiari: l’incapacità di parlare deve essere continua per almeno un mese, non legata a difficoltà linguistiche o ad altri disturbi del neurosviluppo, deve interferire con la comunicazione sociale e/o il rendimento scolastico.

Fattori di rischio e vulnerabilità

Pur non essendo cause dirette, alcuni fattori possono aumentare la vulnerabilità del bambino: ansia sociale, separazioni difficili, cambiamenti importanti, ambienti multilingue, pressioni comunicative e stili educativi iperprotettivi. Comprendere questi elementi è fondamentale per impostare un intervento efficace e precoce.

Come riconoscere e gestire il disturbo in famiglia

A differenza della timidezza, il mutismo selettivo si manifesta con schemi prevedibili (determinate persone e/o situazioni) che si prolungano per settimane o mesi. I bambini non scelgono di restare in silenzio: si trovano in uno stato di blocco ansioso che impedisce loro di parlare.

Il caregiver, interpretando l’atteggiamento come introverso o oppositivo, tende a parlare al posto del bambino o a esonerarlo da qualsiasi interazione. In realtà questi comportamenti, seppur protettivi, rischiano di consolidare il disturbo. È invece fondamentale offrire un ambiente rassicurante, privo di pressioni, in cui ogni piccolo segnale comunicativo venga accolto e valorizzato.

Strategie educative nel contesto scolastico

Nel contesto scolastico è importante ridurre la pressione verbale. Evitare interrogazioni a sorpresa, richieste improvvise o commenti che evidenzino il silenzio del bambino. Le attività devono essere prevedibili, brevi, strutturate e con contenuti familiari. Gli insegnanti, se adeguatamente formati, possono diventare figure essenziali, capaci di creare un clima sereno e stimolante che favorisca la progressiva esposizione alla comunicazione.

Il mutismo selettivo rientra tra i Bisogni Educativi Speciali (BES). Può essere quindi previsto un PDP (Piano Didattico Personalizzato) o, nei casi più complessi, un PEI (Piano Educativo Individualizzato).

L’intervento clinico e il ruolo del logopedista

Il trattamento più efficace è integrato e multidisciplinare: prevede quindi la collaborazione di più figure professionali e l’applicazione di diversi approcci terapeutici che lavorino al contempo sul ridurre lo stato d’ansia, favorire l’elaborazione emotiva e coinvolgere famiglia e scuola, fondamentale per garantire continuità tra i contesti.

Nei paesi anglosassoni e in Germania, sebbene il mutismo selettivo sia associato a cause psicologiche, il logopedista ha un ruolo centrale nel suo trattamento.

L’intervento logopedico si concentra sul potenziamento delle abilità linguistiche e sociali attraverso tecniche come:

  • l’esposizione graduale consiste nell’esporre gradualmente un individuo a situazioni o stimoli che causano ansia, iniziando da quelli meno angoscianti e procedendo verso quelli più temuti;
  • il self-modeling inteso come imitazione di abilità o comportamenti attraverso l’osservazione di sé stessi in registrazione video;
  • la desensibilizzazione sistematica associata all’esposizione graduale, prevede tecniche di rilassamento finalizzate a ridurre la risposta ansiogena.

L’obiettivo è accompagnare il bambino dalla comunicazione a bassa pressione (tono calmo, non aggressivo in un ambiente di dialogo aperto e collaborativo) alla verbalizzazione spontanea nel rispetto dei suoi tempi.

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Il Giornalino del CRC – Maggio 2025

Quello di maggio è un numero dedicato alla primavera: fioriture, frutta dolcissima e il sole che fa capolino ricordandoci che l’estate si avvicina.

Ad inaugurare la stagione è proprio Alessandro che tra le curiosità di questo periodo ha scovato la Sakura, sapete di che si tratta? E’ la fioritura dei ciliegi che avviene in Giappone, ma noi siamo così fortunati che possiamo osservarne la meraviglia anche rimanendo a Roma, proprio al laghetto dell’EUR. In questa occasione tutto si colora di rosa, persino il gelato e il frappuccino. Noi di rosa vi proponiamo la ricetta della cheesecake ai frutti di bosco di Greta!

Tra le attività consigliate da Gabriele per la bella stagione sicuramente c’è la lettura, magari proprio sotto un albero di ciliegio. Per questo, ha selezionato per noi alcune letture primaverili. Andres, invece, pensa già all’estate e ci consiglia giochi per allenare la mente anche quando siamo in spiaggia sotto l’ombrellone. Come lui, anche Sabrina si sta preparando ad indossare costume da bagno, prendisole, cappello e pareo e per questo ha dedicato la sua rubrica alla moda mare 2025.

Giugno è una stagione sempre piena di eventi imperdibili. Dal 6 all’8 Fiumicino ospita la 53esima edizione della sagra del pesce di cui ci ha parlato Marta. Per chi fosse interessato alla musica, come ogni estate, all’Ippodromo Capannelle si terrà il Rock in Roma che propone tantissimi concerti ed eventi! Quest’anno tra gli artisti anche Lucio Corsi e Tananai!

Se invece non volete rimanere a Roma ma inaugurare la stagione estiva con un bel viaggio, i consigli di Andrea sul viaggio in Sardegna potranno tornarvi utili. Attenzione sempre all’ambiente, anche e soprattutto se siete in vacanza è importante non lasciare rifiuti sulle spiagge, una busta di plastica potrebbe intrappolare il difficile cammino dei cuccioli di tartaruga verso il mare e provocarne l’estinzione! Se non ci credete, leggete l’articolo di Christian!

A voi, l’edizione di maggio del CRC News:

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GLO e PEI: cosa sono e perché sono fondamentali per l’inclusione scolastica

Garantire un’istruzione realmente inclusiva è una sfida prioritaria per la scuola di oggi. In quest’ottica, due strumenti giocano un ruolo centrale: il GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) e il PEI (Piano Educativo Individualizzato). Ma cosa sono esattamente, come funzionano e perché sono così importanti per il successo scolastico degli alunni con disabilità?

Cos’è il GLO e quale ruolo svolge nell’inclusione scolastica

Il GLO è il gruppo di lavoro che si occupa di progettare e monitorare il percorso educativo degli studenti con disabilità. Nato con il Decreto Legislativo 66/2017, il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione coinvolge insegnanti, genitori, eventuali rappresentanti degli alunni e specialisti sanitari con l’obiettivo di costruire un progetto educativo che valorizzi le potenzialità di ogni studente.

Presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato, il GLO si riunisce più volte durante l’anno scolastico per valutare non solo il raggiungimento degli obiettivi preposti, ma anche il livello di inclusione effettivamente raggiunto dal bambino e di conseguenza elaborare, aggiornare e verificare il Piano Educativo Individualizzato (PEI).

Che cos’è il PEI e perché è uno strumento indispensabile

Il Piano Educativo Individualizzato è un documento fondamentale che definisce gli obiettivi educativi, didattici e relazionali dell’alunno, le strategie necessarie per raggiungerli, le risorse messe a disposizione e le modalità di verifica.

Realizzato da un team multidisciplinare, il PEI tiene conto delle specifiche esigenze dello studente, dei suoi bisogni educativi e delle sue potenzialità di sviluppo. La sua forza risiede nella flessibilità: il PEI viene aggiornato durante l’anno per adattarsi ai cambiamenti e ai progressi dello studente, trasformandosi in un vero e proprio strumento dinamico al servizio dell’inclusione.

GLO e PEI: una sinergia per l’inclusione scolastica

Il GLO e il PEI non sono strumenti indipendenti, ma due elementi che lavorano in sinergia. Il GLO fornisce la cornice organizzativa e metodologica, all’interno del quale il PEI individua un percorso educativo su misura per ciascun alunno.

Tale collaborazione consente di mantenere coerenza e continuità nell’azione educativa, monitorare con attenzione i progressi e intervenire tempestivamente in caso di nuove esigenze, favorendo una scuola che non lascia indietro nessuno.

Quando deve essere convocato il GLO

La normativa prevede che il GLO si riunisca almeno tre volte durante l’anno scolastico:

  • all’inizio dell’anno (tra ottobre e novembre), per redigere o aggiornare il PEI;
  • in un momento intermedio (tra gennaio e marzo), per monitorare il percorso e apportare eventuali modifiche;
  • alla fine dell’anno scolastico (tra maggio e giugno), per valutare i risultati ottenuti e pianificare il passaggio all’anno successivo o a un altro ciclo scolastico.

Tuttavia, il GLO può essere convocato ogni volta che si manifesti la necessità di aggiornare il percorso educativo, garantendo un intervento tempestivo e mirato.

L’importanza della collaborazione tra scuola, famiglia e professionisti

La redazione di un PEI efficace e realmente inclusivo si basa su una stretta collaborazione tra scuola, famiglia e professionisti sanitari.

La scuola, attraverso l’osservazione quotidiana, ha il compito di individuare e valorizzare le capacità dell’alunno, proponendo strategie didattiche inclusive. La famiglia, con la sua conoscenza profonda della storia personale del bambino, fornisce informazioni preziose che arricchiscono il progetto educativo. I professionisti della salute mettono a disposizione competenze specialistiche indispensabili per la personalizzazione degli interventi.

Quando la comunicazione è aperta e il lavoro di squadra è autentico, il PEI diventa molto più di un documento formale: diventa un vero alleato nello sviluppo personale e scolastico dell’alunno, favorendo il pieno rispetto dei suoi tempi, delle sue caratteristiche e delle sue aspirazioni.

 

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Neurobiologia delle emozioni: un fragile equilibrio

Comprendere le emozioni e il loro sviluppo è fondamentale per genitori, educatori e specialisti dato il ruolo centrale giocato nel determinare le modalità in cui il bambino interagisce e percepisce il mondo circostante.

Tra i 4 e i 5 anni, secondo la “Teoria della Mente”, si sviluppa il meccanismo che permette ai bambini di capire che gli altri hanno emozioni e pensieri diversi dai propri. Tale fenomeno strettamente si origina in specifiche aree del cervello che gestiscono percezione, reazioni fisiologiche e apprendimento sociale.

Le aree cerebrali coinvolte nelle emozioni

Il cervello è diviso in quattro lobi (frontale, parietale, temporale e occipitale) e in diverse aree che interagiscono tra loro. Le emozioni derivano dall’attivazione di popolazioni neuronali della corteccia cerebrale, responsabile del pensiero razionale e della pianificazione.

I sentimenti, ovvero le esperienze emotive consapevoli, contribuiscono alle reti neuronali, la cui funzione è prevedere, apprendere e rivalutare gli stimoli e i contesti ambientali sulla base delle esperienze precedenti.

Il sistema limbico è cruciale per l’elaborazione delle emozioni: l’amigdala gioca un ruolo importantissimo nella paura, mentre l’ipotalamo regola le risposte fisiologiche (frequenza cardiaca, produzione di ormoni e pressione sanguigna), attivando il sistema nervoso autonomo per preparare il corpo alla risposta “lotta o fuga”.

La corteccia cingolata è associata alla gestione della risposta e al controllo del dolore mentre l’ippocampo contribuisce all’integrazione delle emozioni con la memoria permettendoci di ricordare eventi significativi. La consapevolezza e il controllo delle emozioni dipendono anche dalla corteccia prefrontale che si sviluppa più tardi nell’infanzia.

A queste strutture si affiancano i neurotrasmettitori, sostanze chimiche come dopamina, serotonina e noradrenalina, che influenzano umore, stress, motivazione e gestione della ricompensa.

Cosa accade quando è presente un Disturbo del Neurosviluppo?

Nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la corteccia prefrontale può essere attiva in modo atipico, limitando il controllo degli impulsi e provocando risposte emotive sproporzionate. Alcuni studi, inoltre, hanno mostrato come il volume delle strutture del sistema limbico possa essere inferiore con atipie nello sviluppo.

Nei bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico (DSA) studi neuroimaging suggeriscono che l’amigdala elabora in modo diverso gli stimoli emotivi, le espressioni facciali e il tono della voce compromettendo l’interpretazione altrui. I bambini con DSA tendono a concentrarsi sulla parte inferiore del viso, evitando il contatto oculare: questo deficit nella teoria della mente, in particolare dei neuroni specchio (“riflettono” l’attività motoria altrui come se l’individuo stesse eseguendo l’azione stessa), contribuisce a creare difficoltà nelle interazioni sociali e nella comprensione dell’altro.

Nel caso del disturbo oppositivo-provocatorio (ODD), la difficoltà nell’autocontrollo emotivo potrebbe essere legata a disfunzioni nella corteccia prefrontale, che non riesce a moderare i comportamenti di sfida e opposizione.

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Il Giornalino del CRC – Aprile 2025

Il numero di aprile si apre con un’intervista esclusiva allo chef Davide Oldani, protagonista della copertina, che racconta il suo percorso professionale, l’origine della sua passione per la cucina, i piatti dell’infanzia e l’esperienza a MasterChef.

Tra gli altri contenuti, un approfondimento dedicato alla povertà nel mondo, con un linguaggio semplice che spiega cause, conseguenze e possibili soluzioni.

Mancano pochissimi giorni alle festività Pasquali pertanto il nostro Alessandro ha deciso di dedicare la sua ricerca alle curiosità legate a questo periodo in Italia e all’estero: usanze religiose, simboli tradizionali, cibi tipici e leggende. Tra queste, la colazione di Pasqua di cui ci parla Greta nella sua rubrica di cucina.

Non mancano i consigli per il tempo libero, tra cui una guida su cosa fare un weekend a Roma, tra percorsi in bicicletta, ristoranti e gite sull’Appia Antica e una pagina di moda dedicata alla primavera con suggerimenti su colori, abiti e accessori.

La rubrica sportiva propone un articolo sui gesti scaramantici degli atleti, da Cristiano Ronaldo a Rafa Nadal, fino a Michael Jordan. In ambito culturale, spazio alla musica con il profilo della rapper Anna Pepe e alla letteratura con una recensione del libro Un assurdo weekend per Geronimo Stilton, ricca di dettagli e humor.

Infine, un articolo per dare l’addio a Skype, l’amatissima piattaforma di comunicazione che a partire dal 5 maggio 2025 non sarà più disponibile.

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Il Giornalino del CRC – Marzo 2025

Il CRC News di marzo ci porta tra le stelle, la musica e le tradizioni, grazie agli articoli dei nostri giovani redattori.

Si parte con Christian, che ci fa alzare lo sguardo verso il cielo alla scoperta dei buchi neri. Grazie all’intervista con l’astrofisico Alberto Colombo, scopriamo come nascono questi misteriosi corpi celesti e come gli scienziati riescono a studiarli, pur non potendoli vedere direttamente. Sapevate che se ci avvicinassimo troppo verremmo stirati come degli spaghetti? Una lettura affascinante che ci lascia con più domande di quante ne avessimo all’inizio.

Dalle profondità dello spazio, torniamo sulla Terra per parlare di musica. Matilde ci racconta l’avventura di Lucio Corsi al Festival di Sanremo 2025. Il cantautore toscano che ha sorpreso tutti con il brano Volevo essere un duro, arrivando secondo e vincendo il Premio della Critica “Mia Martini”. Sarà lui a rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest! Un risultato incredibile per un artista fuori dagli schemi, che ha saputo conquistare il pubblico con la sua voce e il suo stile inconfondibile.

E proprio di stile ci parla Sabrina, che esplora il lato fashion di Lucio Corsi. Oltre alla musica, il cantautore ha lasciato il segno anche nella moda, sfilando per Gucci con un look che ha fatto discutere: un abito floreale, leggings e maxi cappotto. Un outfit audace che non ha messo tutti d’accordo, ma che ha confermato la sua personalità eclettica.

Dalla moda alla tecnologia, Andres ci porta indietro nel tempo per raccontarci la nascita di Google. Lo sapevate che il motore di ricerca più famoso al mondo è nato da un progetto universitario chiamato Backrub? Larry Page e Sergey Brin non potevano immaginare che la loro invenzione avrebbe rivoluzionato per sempre il nostro modo di cercare informazioni. Tra curiosità e aneddoti divertenti (come il dinosauro che compare quando internet non funziona), il suo articolo ci fa scoprire il dietro le quinte di un colosso digitale.

Andrea ci ha portato in un mondo di maschere e colori con il suo articolo sul Carnevale di Venezia. Tra le celebrazioni più attese, ci sono la Festa delle Marie, il suggestivo Volo di Sant’Angelo e lo spettacolare Svolo del Leon, che chiude i festeggiamenti con un tributo al simbolo della città. Una festa antica che ogni anno riesce ancora a incantare e stupire.

Ma marzo non è solo il mese del Carnevale, è anche il momento di festeggiare i papà. Alessandro ci racconta come questa ricorrenza venga celebrata in diverse parti del mondo: in Italia il 19 marzo si preparano le zeppole di San Giuseppe, mentre in Germania la festa coincide con il giorno dell’Ascensione e si festeggia con il Männertag, un’occasione per riunirsi e brindare. In Corea del Sud, invece, l’8 maggio si celebra la “Festa dei Genitori”, con l’usanza di regalare garofani. Tradizioni diverse, ma tutte accomunate dall’affetto per la figura paterna.

Per concludere, Gabriele ha letto per noi Maui e lo squalo delle stelle, una fiaba polinesiana che racconta l’incontro tra uno squalo balena solitario e il semidio Maui, in un viaggio che porterà il protagonista a trasformarsi in una stella. Un racconto poetico che ci ricorda che la fine può essere solo un nuovo inizio.

Per leggere il CRC News di questo mese:

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Come affrontare la paura: Le istruzioni d’uso del Dott. Alessandro Minutiello, psicologo e psicoterapeuta del CRC Balbuzie

La paura, insieme a tristezza, gioia, disgusto e rabbia, è una delle emozioni primarie degli esseri viventi. Sorge quando si attiva l’istinto di difesa (stato di allerta) di fronte a un pericolo o a una minaccia, che sia reale o immaginaria, con l’obiettivo di far sopravvivere l’individuo.

Dove e come nasce la paura?

La risposta alla paura ha origine in una regione chiamata amigdala, una piccola struttura cerebrale situata nel lobo temporale del cervello, responsabile dell’elaborazione degli stati emozionali, della formazione e della memorizzazione dei ricordi associati a eventi emotivi, delle reazioni di ansia e paura e del controllo del dolore e dell’aggressività.

Da qui, tutte le volte che ci troviamo di fronte a uno stimolo che è interpretato come minaccia, parte una complessa reazione a catena: vengono rilasciati ormoni dello stress, si attiva una parte del sistema nervoso (il sistema nervoso simpatico) coinvolto in quelle funzioni definite di «attacco o fuga».

Il cervello entra in uno stato di allerta, la concentrazione è sul pericolo che si sta vivendo e tutto il corpo si prepara ad affrontarlo: le pupille si dilatano, il respiro accelera, aumenta la frequenza cardiaca e di conseguenza la pressione. Viene mandato più glucosio ai muscoli, mentre organi non vitali, come il sistema gastrointestinale, vengono messi in uno stato di ridotta attività.

Allo stesso tempo, altre aree del cervello, in particolare l’ippocampo e la corteccia prefrontale, valutano la minaccia: la parte «pensante» del cervello chiede alla parte «emotiva» se si tratti di un pericolo reale oppure di un falso allarme. Nel primo caso la risposta continua a essere alimentata, altrimenti si ferma.

La paura nella storia

Tornando ai tempi dei nostri antenati, si intuisce il valore adattivo di questa emozione: la paura ha protetto i nostri avi in situazioni di pericolo, come la presenza di predatori feroci o individui ostili. Seppure oggi, gli stimoli percepiti come “minacciosi” non siano più paragonabili a quelli del passato – riguardano ad esempio la perdita di un lavoro, un cambiamento di vita o il sommarsi di problemi quotidiani – le reazioni generate a livello corporeo sono rimaste inalterate.

La paura conserva dunque nel tempo sempre la stessa funzione: mettere l’uomo in guardia dai pericoli.

Le tappe di sviluppo della paura

Gli esseri umani nascono con due paure innate: la paura di cadere e la paura dei rumori forti. Derivano dall’istinto di autoconservazione, mentre altre possono essere legate alla crescita, apprese in seguito ad eventi traumatici o indotte dall’ambiente di vita.

La forma primaria di paura nei bambini è la perdita del contatto fisico con la figura materna. Intorno ai 9 mesi subentra la paura dell’estraneo. A 12-18 mesi si può osservare la paura della separazione, che raggiunge il suo apice intorno al 2°- 3° anno di vita.

Al contempo, superato il primo anno d’età, i bambini affinano la loro competenza nella lettura delle espressioni del volto. Queste influenzano la percezione di pericolosità o sicurezza dell’ambiente e aiutano il bambino a costruire i suoi schemi di percezione del mondo più o meno pericoloso o interessante a seconda dell’atteggiamento delle persone che li circondano.

Dai 3 ai 5 anni

Intorno ai 3-5 anni si possono riscontrare diversi tipi di paura: del temporale, del buio, dei mostri, degli animali, elementi che affascinano ed al tempo stesso spaventano, ma anche paura dei pericoli fisici, di ferirsi, di ammalarsi.

Queste paure iniziano a manifestarsi nel momento in cui il bambino interagisce con l’ambiente ampliando i propri interessi, esplorando e percependo la propria autonomia e indipendenza. Le novità destabilizzano e di conseguenza spaventano, è essenziale in questi frangenti la presenza di un adulto che possa supportare il bambino per ridurne il livello di attivazione e aiutarlo a comprendere ciò che sta accadendo.

In età prescolare ritorna la paura del distacco dal genitore e dell’abbandono legata all’inizio della vita scolastica e delle attività sportive. Altra paura tipica di questa età è quella dei personaggi di fiabe e racconti come l’uomo nero o il lupo cattivo.

Dai 6 anni all’adolescenza

Tra i 6 e i 12 anni alcune paure degli anni precedenti possono essere padroneggiate perché ora il bambino ha maggiori competenze, ma proprio perché capisce di più, può cogliere altre minacce come quella dei ladri e dei rapitori, dei danni fisici, delle malattie, del sangue, delle iniezioni, degli eventi naturali, della morte e dell’abbandono.

A questo punto, durante la fase adolescenziale, fanno la loro comparsa i timori legati al proprio ruolo sociale, come scolaro per esempio, e alle interazioni con gli altri: esami, litigi, sopraffazioni, nonché la paura di essere rifiutato dai compagni.

Come si manifesta la paura nei bambini: strategie utili per aiutarli ad affrontarla

Per Maria Montessori, le paure non sono altro che reazioni naturali, da parte dei bambini, dovute alla mancanza di comprensione o di controllo di una situazione. Le manifestazioni possono essere varie, dalle più comuni ed esplicite quali piangere, urlare, immobilizzarsi, nascondersi o scappare, a cambiamenti di atteggiamento insoliti e improvvisi. Per esempio, non voler restare da soli, non voler dormire nel proprio lettino o soffrire di insonnia. Oppure diventare improvvisamente scontrosi o irritabili, fare la pipì addosso o richiedere un costante contatto con la mamma o il papà.

Come anticipato nel precedente paragrafo, è importante che il genitore o adulto di riferimento non inibisca la paura, svalutando l’emozione che il bambino sta provando, ma piuttosto la accolga, aiutandolo a riconoscerla ed elaborarla così da affrontarla insieme.

Accogliere la paura

Un primo passo potrebbe essere spronare i propri figli a comunicare ed esprimere ciò che provano, chiedendo loro di raccontare cosa li preoccupa o spaventa. Invece che tentare di distrarli, cambiando argomento o ignorando la richiesta d’attenzione, la strategia più efficace è mostrare interesse e aiutare i propri figli a condividere ciò che hanno dentro: chiedete loro, ad esempio, come sono fatti questi “mostri”, dove li vedono, raccontate che anche voi a volte avete paura e che non è affatto qualcosa di sbagliato o anormale.

È importante dunque “sintonizzarsi” con i propri figli ed accogliere e validare le loro paure e preoccupazioni, senza giudizio e senza minimizzarne il contenuto. Sentirsi accolti, infatti, produce effetti positivi, permettendo al bambino di affrontare e gestire più facilmente il problema.

Il ruolo del genitore

Un genitore può spesso involontariamente sminuire e screditare le paure del proprio figlio, pensando invece così di rassicurarlo; per esempio rispondendo con frasi come: “ma di cosa hai paura? Non dire sciocchezze, non c’è nulla!”. Invece è fondamentale evitare ogni forma di giudizio, perché anche se a noi adulti le paure di un bambino possono apparire spesso irrazionali e insensate, ciò che provano è reale, dunque estremamente importante.

Esistono diversi strumenti che possono aiutare il bambino ad affrontare e ad elaborare le sue paure: uno di questi è il raccontargli delle favole prima di andare a letto. Le favole rappresentano una risorsa importante che permette al bambino di identificarsi, riflettere sulle sue paure, comprendere che sono comuni e naturali ed è possibile affrontarle.

Inoltre, l’introduzione di alcuni rituali legati al contesto temuto può essere di grande aiuto: se, ad esempio, la paura del bambino è relativa al momento in cui deve andare a letto, è molto utile creare dei rituali della buonanotte che possano aiutarlo a gestire e contenere il suo vissuto emotivo e trasmettergli maggiore sicurezza (ad esempio accompagnarlo nella sua stanza, il racconto della favola, le coccole nel letto, etc.).

L’esposizione graduale

A volte, come ci spiega il dottor Alessandro Minutiello, psicologo e psicoterapeuta del CRC, è possibile esporre il bambino gradualmente all’oggetto della sua paura: per esempio, se ha paura di un animale domestico, conoscere il cagnolino o il gattino di un amico o conoscente e passarci del tempo insieme, potrebbe aiutarlo a comprendere che non c’è motivo di sentirsi in pericolo. Allo stesso modo se ciò che teme è il buio, la soluzione potrebbe essere mettere delle luci soffuse nella sua cameretta, se, invece, ciò che teme è l’abbandono, potrebbe essere utile giocare a nascondino o allontanarsi spiegandogli cosa farà il genitore e quando tornerà da lui.

Dal punto di vista neurobiologico, l’esposizione a stimoli che inducono paura può diminuire gradualmente l’attivazione emotiva rispetto a questi ultimi. L’amigdala, infatti, impara solo quando è completamente attivata, quindi quando individua qualcosa che considera pericoloso e prova paura. Evitare sistematicamente ciò che si teme, fa sì che l’amigdala continui a “percepirlo” erroneamente minaccioso e per questo si attivi provocando paura.

Per questo, una volta individuato l’elemento che provoca la reazione di paura, la terapia cognitivo comportamentale suggerisce di far sì che il bambino rimanga in presenza dello stimolo attivatore finché gradualmente non percepirà una riduzione dell’intensità della paura e un maggiore senso di sicurezza.

Questo processo permette all’amigdala di apprendere che la paura non è giustificata, che può imparare che lo stimolo minaccioso non rappresenta realmente un pericolo. Attraverso la ripetizione, svilupperà nuovi ricordi e nuove esperienze che permetteranno all’individuo di apprendere sempre di più a ridurre l’attivazione della paura e padroneggiarla in modo efficace.

Come agisce la paura quando è presente un disturbo del neurosviluppo?

I bambini con disturbi del neurosviluppo come ASD e ADHD faticano a regolare le emozioni a causa di deficit nell’area delle abilità cognitive. Questo può portare a difficoltà relazionali e a problematiche nel contesto sociale e scolastico, influendo negativamente sul benessere psicologico e sullo sviluppo emotivo.

In questo contesto è stato ideato al CRC un laboratorio con un focus specifico sulla paura, pensato per supportare i bambini nell’acquisire una maggiore consapevolezza e conoscenza del proprio mondo interiore. L’obiettivo era aiutarli a riconoscere e comprendere le proprie emozioni, in particolare la paura, attraverso attività pratiche che li coinvolgessero direttamente. Come? Utilizzando esempi di vita quotidiana, nei quali sperimentano comunemente la paura, per esempio al buio, in presenza di rumori forti o al momento della separazione dai genitori.

Il laboratorio del CRC

Durante il laboratorio, ai partecipanti veniva chiesto di riflettere collettivamente sull’utilità di questa emozione e sulle sue possibili conseguenze. Attraverso discussioni in gruppo, i bambini imparavano a riconoscere la funzione protettiva della paura, ma anche come essa possa a volte essere ingannevole.

Dopo aver scritto su un foglietto di carta le proprie paure, ogni bambino poteva leggerle ad alta voce, condividendole con gli altri. Una volta riflettuto se si trattava di una paura “che serve” (quelle che ci proteggono da pericoli reali) o di una paura “che non serve” (quelle che non hanno una base oggettiva), il foglietto veniva incollato su un tabellone diviso a metà (paure che servono vs. paure che non servono).

Al termine dell’attività, ogni partecipante aveva l’opportunità di raccontare al gruppo le proprie esperienze, creando uno spazio sicuro per l’espressione e la riflessione. L’obiettivo di questa condivisione era duplice: da un lato, permettere ai bambini di analizzare le proprie emozioni con il supporto dei coetanei e degli educatori; dall’altro, allenare la parte «pensante» della mente a discriminare tra un falso allarme e un pericolo reale, rafforzando così la capacità di autoregolazione emotiva e il senso di controllo. In questo modo, il laboratorio mirava non solo a educare i bambini sulla natura della paura, ma anche a promuovere competenze cognitive ed emotive che li aiutassero a gestirla in modo più consapevole e costruttivo.

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Il Giornalino del CRC – Febbraio 2025

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