Categorie
Cura

L’intervento riabilitativo del bambino sordo

“È raro incontrare due bambini uguali” esordisce così la dott.ssa Matilde Maria Marulli, logopedista specializzata nell’intervento riabilitativo del bambino sordo, referente al CRC del Polo Sordità.

Quando si parla di ipoacusia o sordità, infatti, la perdita uditiva e la conseguente compromissione del linguaggio sono solo una parte degli aspetti che caratterizzano un bambino e che indirizzano l’orientamento riabilitativo.

Nell’elaborare un piano di trattamento, infatti, l’equipe multidisciplinare non può prescindere dal considerare la storia clinica del bambino, la sua storia familiare e il contesto sociale di cui fa parte (comunità segnante/udente).

Epidemiologia, definizione e classificazione del disturbo

Secondo i dati più recenti pubblicati dall’OMS nel 2018, oltre il 5% della popolazione mondiale, circa 466 milioni di persone, ha una riduzione dell’udito.
Secondo il report 2018 del Censis in Italia sono 7 milioni le persone con problemi di udito, che corrispondono all’12,1% della popolazione.

Con il termine ipoacusia si definisce il deficit uditivo che può interessare uno o entrambi gli organi deputati alla ricezione (mono/bilaterale) e può essere classificata sulla base di diversi criteri:

  • La sede della lesione
  • L’epoca di insorgenza
  • L’eziologia
  • La gravità del danno percettivo

In base alla sede della lesione, l’ipoacusia può essere centrale o periferica.
Nel primo caso, la soglia uditiva è pressoché nella norma, mentre risultano alterati i meccanismi di elaborazione nervosa ed encefalica del suono.
Nel secondo caso, invece, il danno è localizzato a livello dell’orecchio e, a seconda delle strutture coinvolte, si distingue in: ipoacusia trasmissiva, ipoacusia percettiva o neurosensoriale e ipoacusia di tipo misto.

L’ipoacusia può essere definita poi in base all’epoca di insorgenza (sordità congenite o postnatali), all’eziologia (sordità genetiche o acquisite) e al grado di compromissione degli organi di cui si compone l’apparato di percezione.

Esistono diverse scale di valutazione del grado di sordità in relazione all’entità della perdita uditiva.

Il CRC, in linea con le linee guida BIAP (Bureau International di Audiophonologie), fa riferimento ai seguenti parametri:

  • sordità lieve (con una perdita che va dai 20 ai 40 decibel)
  • sordità media (con una perdita che va dai 41 ai 70 decibel)
  • sordità grave (con una perdita che va dai 71 ai 90 decibel)
  • sordità profonda (con una perdita che è uguale o maggiore di 91 decibel).Misura decibel per intervento riabilitativo del bambino sordo

In relazione al grado di perdita uditiva si possono osservare poi compromissioni di entità differente sul sistema linguistico.

In caso di perdita uditiva lieve, la compromissione del linguaggio sarà irrilevante.
Una perdita moderata o grave, avrà come conseguenza un disturbo di linguaggio di severità proporzionale al grado di perdita uditiva.
Il linguaggio risulterà, invece, assente in caso di sordità profonda.

La proposta del CRC per l’intervento riabilitativo del bambino sordo

L’ intervento terapeutico proposto al CRC sposa il concetto di “presa in carico globale” inteso come il processo integrato e continuativo che garantisce il governo coordinato degli interventi. Questo per favorire la riduzione del disturbo, l’inserimento scolastico, sociale e lavorativo dell’individuo, orientato al più completo sviluppo delle sue potenzialità (Prima Conferenza Nazionale delle Politiche dell’Handicap, 1999).

Pertanto, la presa in carico del paziente con ipoacusia neurosensoriale deve essere precoce e deve prevedere:

  • Un approccio multidisciplinare
  • La collaborazione con le persone e gli istituti che si occupano della salute e dell’educazione del soggetto con ipoacusia (famiglia, insegnanti, scuole, clinici specialisti e pediatri). Ciò ha il fine ultimo di promuovere la formazione di una rete che lavori in modo integrato.

Il trattamento si deve caratterizzare per:

  • specificità: il training deve aver come scopo il miglioramento delle specifiche componenti che risultano deficitarie;
  • sistematicità: il training deve prevedere interventi continuativi e ripetuti. Per verificare gli esiti dell’intervento è consigliabile controllare i risultati dopo circa tre-quattro mesi;
  • efficacia: il trattamento efficace consente di migliorare l’evoluzione del processo più della sua evoluzione naturale attesa. Il trattamento va regolato quindi sulla base dell’effettiva efficacia dimostrabile e va interrotto quando il suo effetto non sposta la prognosi naturale del disturbo.

I metodi di riabilitazione

Nella selezione del metodo di riabilitazione, va tenuto conto di quanto la deprivazione sonora abbia influenzato e influenzi lo sviluppo globale del paziente. Ma anche dell’ambiente sociale in cui il bambino vive (ambiente di udenti/sordi o integrato, famiglia di lingua straniera etc.).

Tre, secondo quest’ottica, sono gli approcci maggiormente utilizzati:

  • Oralismo
  • Metodo bimodale
  • Bilinguismo

Tutti i metodi oralisti condividono l’esclusione, nell’educazione al linguaggio parlato e scritto, di qualsiasi uso dei segni.
Essi puntano da una parte sull’allenamento acustico, per aiutare il sordo a utilizzare al massimo i suoi residui uditivi, dall’altra sul potenziamento della lettura labiale su cui si basa la comunicazione.

Nel metodo misto o bimodale si utilizza l’italiano segnato (IS): la parola vocale è accompagnata dal segno corrispondente, pur lasciando inalterata la struttura della lingua verbale.
‘Bimodale’ significa doppia modalità e infatti nella metodologia bimodale vengono utilizzate la modalità acustico-verbale, poiché si parla, e la modalità visivo-gestuale, perché si segna.
È utilizzata pertò un’unica lingua: l’italiano.

In pratica, quando si parla con il bambino sordo, si dà un supporto gestuale a tutto quello che viene detto. I segni divengono così un supporto che il bambino usa quando non è ancora abbastanza padrone del linguaggio verbale, per poter rispettare le stesse tappe evolutive del bambino udente.

Il bilinguismo prevede, infine, la concomitanza di lingua orale e lingua dei segni italiana (LIS). Al logopedista, sarà necessario affiancare un assistente alla comunicazione che usi con il bambino la LIS.

Una volta selezionato il metodo, viene condiviso con tutta l’equipe, che lo applicherà in funzione degli obiettivi prefissati per le singole aree di intervento.

Un approccio multidisciplinare all’intervento riabilitativo del bambino sordo

L’approccio multidisciplinare è quello che porta maggiori benefici. Ecco perché il bambino viene seguito, nel suo percorso, dal logopedista, dal terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva e – ove ritenuto necessario dal neuropsichiatra infantile – dallo psicologo.

L’intervento sul bambino sordo è spesso supportato dall’introduzione di un percorso che coinvolga, a vari livelli, il nucleo familiare e, principalmente, i genitori (o il caregiver).

Nello specifico, possono essere previsti tre differenti tipologie di intervento:

COUNSELING GENITORIALE

Accompagnamento della coppia genitoriale alla comprensione della diagnosi e all’utilizzo di uno stile educativo adeguato alle esigenze del bambino.

PARENT TRAINING

Intervento psicoeducativo mirato a sostenere i genitori nella gestione degli aspetti comportamentali del bambino.

TERAPIA MEDIATA DAL GENITORE

Intervento che permette ai genitori di interagire in maniera efficace con il bambino, favorendone lo sviluppo delle competenze comunicative e sociali e incidendo di conseguenza sul senso di autoefficacia del genitore.

La teleriabilitazione nell’intervento riabilitativo del bambino sordo

Con l’avvento della pandemia, il CRC si è impegnato a convertire la maggior parte degli interventi in presenza in modalità a distanza. Ancora oggi, che la situazione è quasi del tutto rientrata, la teleriabilitazione continua ad essere uno strumento valido e utilizzato.

Le modalità secondo cui il Centro, in linea con le indicazioni della comunità nazionale e internazionale, opera a distanza sono le seguenti e vengono individuate sulla base dell’età, delle competenze raggiunte e dal livello di compromissione del bambino.

Tipi di teleriabilitazione

Sincrona

Presuppone l’interazione tra operatore e utente nello stesso tempo attraverso delle piattaforme online. Il feedback è immediato.

Tale modalità è preferibile negli interventi che hanno come obiettivo la riabilitazione cognitiva o il potenziamento cognitivo di funzioni specifiche (memoria, attenzione e funzioni esecutive.
Utile anche nella psicoeducazione genitoriale, ossia in quelle occasioni in cui il terapeuta emette risposte verbali e comportamentali in situazioni “ecologiche” per il bambino, ponendosi come modello per i genitori.
Questi potranno, successivamente, discutere nel counseling l’applicazione di tali risposte ed operare un cambiamento funzionale nelle modalità educative, integrando tali risposte e favorendo la generalizzazione delle competenze.

Asincrona

Presuppone che l’interazione fra operatore e utente avvenga in un momento temporale differente.

Il terapeuta invia il materiale di terapia (strumenti per la ricerca visiva, problem solving, materiale da usare per l’attenzione uditiva in collaborazione con il terapeuta) o le richieste di attività da svolgere.

Il feedback è posticipato al momento di restituzione del lavoro da parte della famiglia.

Mista

Intervento in modalità sincrona a cui segue un programma di attività di rinforzo e homework discussi successivamente in incontri prestabiliti.

 

Categorie
Cura

La certificazione DSA valida ai fini scolastici

Il CRC è Centro accreditato presso la Regione Lazio al rilascio della Certificazione DSA valida ai fini scolastici, che consente l’accesso alle misure dispensative e/o compensative previste dalla legge 170/2010.

Un po’ di storia

La legge dell’8 ottobre 2010, n. 170, Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici dell’Apprendimento. In risposta a questi assegna al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate perché gli alunni con DSA possano conseguire il successo formativo.

La Legge 170 entra in vigore, l’anno successivo, con il Decreto Ministeriale 5669 del 12 luglio 2011 che si prefigge di:

  • tutelare il diritto allo studio delle persone con diagnosi di DSA;
  • individuare le misure educative e didattiche in grado di sostenete il corretto processo di insegnamento e apprendimento;
  • individuare le modalità di verifica e valutazione scolastica.

A tale decreto sono allegate le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.
Sono volte alla realizzazione di interventi didattici individualizzati e personalizzati, all’utilizzo degli strumenti compensativi e all’applicazione delle misure dispensative.
Indicano inoltre il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA.

Nello stesso anno, vengono pubblicati gli output della Consensus Conference indetta dall’Istituto Superiore di Sanità.

Sulla base della letteratura internazionale, l’ISS fornisce raccomandazioni cliniche utili a migliorare le conoscenze sull’argomento.

  • Formulando, ove le prove scientifiche a disposizione siano sufficienti, raccomandazioni per la migliore prassi clinica;
  • Precisando quali sono le aree di conoscenza ancora incerte e dubbie verso cui dovrebbe orientarsi la ricerca futura.

Il 25 luglio 2012 viene siglato l’Accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano su Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), con l’obiettivo di uniformare a livello nazionale le procedure diagnostiche, abilitative e di presa in carico.

Cosa accade nella Regione Lazio

La Regione Lazio era rimasta tra le poche regioni a non aver ancora dato piena attuazione alla normativa nazionale sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento. In particolare, non aveva accolto la raccomandazione, presente all’interno dell’accordo Stato-Regioni del 2012, di consentire ai privati accreditati il rilascio della certificazione diagnostica valida ai fini scolastici.

Il 4 febbraio del 2020, viene approvato il “Protocollo d’intesa tra la Regione Lazio e l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio” per le attività di identificazione precoce dei casi a rischio di disturbo specifico dell’apprendimento.
Ciò avviene con i relativi due documenti allegati. Il primo, l’Allegato D fornisce le “Linee guida per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento nella Regione Lazio. Il secondo, l’Allegato E  fornisce indicazioni sui “Soggetti privati che possono rilasciare la certificazione diagnostica dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento”.

In particolare, l’allegato E definisce come anche i soggetti privati, rispondenti a determinati requisiti, possono rilasciare il documento.

Tra questi vi è il CRC riconosciuto dalla Regione Lazio quale ente abilitato al rilascio della certificazione diagnostica DSA valida ai fini scolastici.

La Certificazione DSA valida ai fini scolastici: cos’è e cosa comporta?

La certificazione diagnostica dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento è un documento dettagliato redatto da un’equipe multidisciplinare.
Essa è costituita, come unità minima, dal neuropsichiatra infantile, dallo psicologo, dal logopedista e dal TNPEE con comprovata esperienza clinica nell’ambito della diagnosi DSA.

Vengono effettuate simultaneamente una diagnosi clinica e una diagnosi di funzionamento.

L’equipe, coordinata dal Neuropsichiatra Infantile, attraverso test specifici standardizzati, effettua una valutazione intellettiva indagando:

– Abilità di lettura;
– Skill di scrittura;
– Abilità logico-matematiche.

Tutto il processo tiene sempre conto dell’impatto del DSA sul rendimento scolastico del bambino, sul suo stato emotivo, sulla sua autonomia nello svolgimento dei compiti.

La Certificazione deve inoltre contenere le informazioni necessarie per stilare una programmazione educativa e didattica ad hoc. Questa deve tenere conto delle difficoltà del bambino, prevedendo l’applicazione mirata delle misure previste dalla legge (strumenti compensativi, misure dispensative, forme di verifica e valutazione personalizzate).

Al termine del percorso diagnostico, è prevista la restituzione alla famiglia dei dati ottenuti dalla valutazione tramite colloquio e il rilascio del documento. La famiglia consegnerà, a sua volta, la certificazione al Pediatra e alla Segreteria del Dirigente Scolastico per l’attivazione dell’intervento specifico.

Aggiornamento della certificazione DSA

Il profilo di funzionamento è di norma aggiornato:

– Al passaggio da un ciclo scolastico all’altro e comunque, di norma, non prima di tre anni dal precedente;

– Ogni qualvolta sia necessario modificare l’applicazione degli strumenti didattici e valutativi necessari, su segnalazione della scuola alla famiglia o su iniziativa della famiglia.

Una volta ricevuta la certificazione, sarà cura della scuola, dell’intero consiglio di classe o team docente di verificarne la validità e stilare il Piano Didattico Personalizzato.
Il PDP va consegnato entro il primo trimestre scolastico al fine di tutelare lo studente e garantirne il successo formativo.

ITER per ottenere la certificazione DSA valida ai fini scolastici

La scuola ha un ruolo fondamentale nell’individuare le difficoltà degli alunni sin dal loro primo manifestarsi e nell’avvio di adeguati interventi di potenziamento.

Un’accurata osservazione consente di riconoscere tempestivamente gli alunni che presentano difficoltà ed avviare percorsi di potenziamento ed eventuale successivo percorso diagnostico.

Iter per certificazione dsa valida ai fini scolastici

Nella scuola primaria, per i casi che presentano caratteristiche assimilabili ai DSA o per i quali le attività di potenziamento, attivate per almeno sei mesi, risultino inefficaci, viene predisposta una comunicazione scritta.
Con questa i familiari vengono informati dettagliatamente delle difficoltà riscontrate nel percorso di apprendimento e delle attività di potenziamento messe in atto per stimolare il bambino.

Le tempistiche

L’attivazione del percorso diagnostico non può essere effettuata prima della seconda metà del secondo anno del primo ciclo di istruzione per quanto riguarda la dislessia e la disortografia. Prima della seconda metà del terzo anno del primo ciclo di istruzione per quanto riguarda la discalculia e la disgrafia.

In entrambi i casi sarà comunque necessario verificare prima l’efficacia di eventuali attività di potenziamento per almeno sei mesi.

Per gli alunni individuati, le strutture abilitate effettuano il percorso diagnostico e rilasciano la certificazione, garantendo la priorità ai bambini che frequentano la scuola primaria.

La certificazione deve essere prodotta di norma entro i 6 mesi dal completamento dell’iter diagnostico e non oltre il 31 marzo per gli alunni che frequentano gli anni terminali di ciascun ciclo scolastico.

Linee guida DSA 2022: Cosa cambia per la diagnosi DSA?

A 11 anni dalla pubblicazione delle prime Linee Guida per la diagnosi dei DSA, l’Istituto Superiore di Sanità ha presentato, nel 2022, il documento Linee Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Aggiornamento ed integrazioni.

Tra le novità rientrano una serie di criteri di valutazione dei DSAraccomandazioni per la diagnosi e indicazioni sui trattamenti più efficaci, non strutturati nei precedenti documenti. Nello specifico riguardano:

  • Disturbo di Comprensione del testo. La ridefinizione del Disturbo di Lettura all’interno del DMS-5 (pubblicato nel 2013) ha reso necessaria la formulazione di indicazioni specifiche rispetto all’iter diagnostico e riabilitativo di tale disturbo. Non deve essere più considerato una conseguenza di un disturbo di decodifica, ma richiede l’utilizzo di prove standardizzate e indipendenti.
  • Studenti bilingui e/o stranieri con DSA. Secondo i dati del MIUR, il 10% degli studenti in Italia è rappresentato da persone bilingue o straniere. Per questo la diagnosi DSA deve far riferimento a prove standardizzate su popolazione bilingue.
  • DSA negli adulti. Con le nuove linee guida DSA, i clinici possono fare riferimento a direttive diagnostiche più chiare, con prove standardizzate per l’età adulta.

 

0
    0
    Carrello
    il tuo carrello è vuoto