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Selettività alimentare nei bambini: cause, strategie e consigli pratici per genitori

Mangiare è molto più di un bisogno fisiologico: rappresenta un momento di scoperta e relazione. Tuttavia, per molti bambini, il pasto può trasformarsi in una sfida vissuta con ansia, rifiuto o selettività estrema verso il cibo.

Cos’è la selettività alimentare?

Tra i 2 e i 6 anni, i bambini sviluppano gusti marcati o diffidenza verso nuovi alimenti, sapori e consistenze. Quando però la dieta si riduce a pochi cibi “sicuri” e ripetitivi, si può configurare una fragilità nota come selettività alimentare, che in alcuni casi può rientrare nel Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID), riconosciuto nel DSM-5.

Questo disturbo si manifesta con la preferenza per cibi solo di specifici colori o consistenze, l’evitamento di intere categorie alimentari o la paura intensa di soffocare o vomitare, portando a conseguenze come perdita di peso, carenze nutrizionali o isolamento sociale.

Le cause della selettività sono molteplici e complesse: possono derivare da ipersensibilità sensoriale (verso odori, sapori e consistenze), esperienze traumatiche legate al cibo (soffocamento o vomito), difficoltà relazionali o condizioni neuropsicologiche, come nei disturbi del neurosviluppo. Spesso, la selettività è anche un modo per comunicare disagio emotivo o relazionale.

Strategie cliniche per supportare l’accettazione del cibo

Le strategie più efficaci prevedono percorsi personalizzati che tengono conto delle caratteristiche e dei bisogni specifici del bambino:

  • Rinforzo positivo: ogni volta che il bambino accetta o assaggia un alimento nuovo, riceve stimoli gratificanti come attenzione, giochi o parole di incoraggiamento, per aumentare la probabilità che ripeta il comportamento.
  • Desensibilizzazione graduale: l’esposizione agli alimenti rifiutati avviene in modo progressivo, iniziando dall’osservazione, passando al contatto tattile e fino al leccare o assaggiare, sempre in un contesto sereno e senza pressioni.
  • Presentazione strutturata: il modo in cui vengono offerti gli alimenti è studiato con cura, per esempio presentando contemporaneamente o in sequenza cibi familiari e nuovi, per ridurre l’ansia e facilitare l’esplorazione.
  • Training sensoriale: tramite attività ludiche e guidate si stimolano i sensi coinvolti nell’alimentazione (vista, tatto, olfatto, gusto) aiutando il bambino a familiarizzare con consistenze, colori e odori diversi, migliorando così la tolleranza sensoriale.

Alcuni interventi si focalizzano sui comportamenti durante il pasto (evitamento, vomito, espulsione del cibo), altri sui fattori predisponenti, come l’ambiente, la modalità di presentazione del cibo e la relazione adulto-bambino.

L’approccio più efficace è quello personalizzato e centrato sui bisogni del bambino, in un contesto relazionale e accogliente che lo faccia sentire libero di esplorare il cibo senza pressioni né giudizi. Il pasto diventa così uno spazio emotivo e di crescita, dove il cibo è uno strumento per sviluppare fiducia e autonomia.

Consigli pratici per i genitori

Anche senza interventi specialistici, la famiglia può favorire piccoli cambiamenti importanti:

  • Proporre regolarmente nuovi alimenti senza forzare; anche solo esporli visivamente è un primo passo.
  • Coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti, stimolando il contatto con ingredienti di diverse consistenze e colori.
  • Evitare ricatti o pressioni, che aumentano ansia e resistenza.
  • Creare un’atmosfera rilassata e prevedibile, con routine chiare, tempi limitati e poche distrazioni.
  • Valorizzare piccoli progressi rispettando i tempi del bambino.

Comprendere la selettività alimentare significa leggere il comportamento come espressione di bisogni corporei, emotivi e comunicativi. Attraverso giochi, narrazioni e manipolazione degli alimenti, il cibo da ostacolo si trasforma in risorsa e il pasto diviene uno spazio in cui il bambino si sente accolto e libero di esplorare.

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